Il frate del popolo
Nella memoria e nel cuore
E’ trascorso mezzo secolo dalla morte di padre Salvatore da Alatri, eppure ancora molti a Fiuggi e ad Acuto – due splendidi paesi ciociari - ricordano quel suo camminare silenzioso, quel suo andare senza far rumore a piedi scalzi, con le “crette” (talloni screpolati) spesso sanguinanti; barba incolta, col fazzoletto tipico fratesco al collo, il bastone nocchioruto con la punta di ferro, più compagno di viaggio che aiuto nell’andare, gli incontri con un uomo buono e spiccio, attento e premuroso nell’ascolto e nell’aiuto spirituale e materiale. Ha trascorso gran parte della sua vita nella comunità del noviziato nel convento dei cappuccini di Fiuggi. Ai giovani aspiranti alla vita cappuccina, Padre Salvatore offriva soprattutto la scuola dell’esempio; nella semplicità un po’ scontrosa e rude del suo carattere, proponeva ai giovani novizi nel silenzio, nella disponibilità, nella preghiera e nel servizio umile e senza stanchezza uno stile di vita vissuto: la santità.
Lungo la strada
Non amava far parlare di sé, preferiva passare inosservato e nel silenzio.
Le case lungo la strada vecchia che da Fiuggi porta al convento dei cappuccini, erano popolate di famiglie numerose. Quella strada per noi bambini era lo spazio del gioco, del movimento. Quando vedevamo arrivare padre Salvatore col suo passo cadenzato, istintivamente, con venerazione e rispetto, ci fermavamo ai lati della strada. Noi lo salutavamo col: “Sia lodato Gesù Cristo”, al quale lui rispondeva con un sommesso borbottio, che noi prendevamo come un “Sempre sia lodato”.. Per noi era un papà, un nonno, una persona che s’imponeva discretamente e con il silenzio alla nostra attenzione; e non solo nostra, ma di tutto il paese. Nella mano sinistra poggiata sul petto stringeva sempre un libro nero, come se fosse qualcosa di importante ed a lui molto caro; più tardi ho saputo che quel libro era il breviario, il libro di preghiera dei sacerdoti. Passava ogni giorno all’ufficio postale del paese a ritirare la corrispondenza per i religiosi. L’avvolgeva in un panno che legava al bastone che poggiava sulle spalle e così, passo passo, saliva verso il convento distante circa tre Km dalla città.
L’uomo di casa
Arrivava in convento puntuale per l’ora del pranzo. Si presentava al padre Guardiano, gli consegnava la corrispondenza, poi scendeva in refettorio e gustava un mezzo bicchiere di vino “per asciugarsi il sudore”. Se aveva portato con sè una buona bottiglia di buon vino che qualche amico gli aveva donato durante i suoi giri in città, era festosamente felice di offrirlo a tutti. Padre Salvatore era nato per muoversi e rendersi utile. Affezionato al suo convento e alla sua famiglia religiosa, avvertiva l’istinto familiare di prendersi cura della casa. Era il frate cappuccino artigiano, che passava il suo tempo in casa lavorando nella sua officina, ricavata a piano terra sotto il primo arco del noviziato, in luogo fuori mano e silenzioso.
Il colore dei fiori e le api amiche
Aveva un carattere riservato e chiuso, era burbero e perfino scontroso, ma un animo francescanamente sensibile e quasi poetico. Il suo piccolo giardino, protetto da un cancello, era diligentemente curato e sempre pieno di piante e di fiori. Non faceva mai mancare fiori freschi e profumati all’altare della piccola chiesa conventuale, dove era conservata l’Eucaristia. Il suo giardino aveva la sua Regina, una statua di una Madonnina su una colonnina in mezzo ai fiori, vicino al muro di cinta. Allora, a Fiuggi non c’erano i fiorai, e valeva la pena salire fino al solitario convento dei cappuccini per chiedere a Padre Salvatore un fiore per la tomba dei cari defunti e una parola di conforto.
Un’altra sua passione – oltre quella per i fiori – era per le sorelle api. Aveva più di qualche arnia per il miele. Se ne prendeva attenta cura e le visitava quasi ogni giorno. Rimaneva lungo tempo ad osservare il lavoro delle api, sembrava che parlasse con loro, come san Francesco parlava agli uccelli e al lupo di Gubbio. Al momento della smielatura, Padre Salvatore non si proteggeva né le mani né il volto, e non usava nemmeno il fumo per allontanare le api. Con grande disinvoltura e semplicità scopriva le arnie, smielava, le ricomponeva con calma, e poi borbottava qualcosa di non comprensibile, che forse le sorelle api comprendevano come una richiesta di scusa per averle disturbate.
Una mano pesante
Padre Salvatore parlava pochissimo, ed anche quelle poche volte che accadeva, non era facile capire le parole farfugliate. In un giorno di festa, furono invitati a pranzo i due frati residenti nella parrocchia “Regina Pacis”, a Fiuggi Fonte. Come ogni giorno, prima del pranzo, i frati si riunirono in coro per la recita dell’Ora media. Presiedeva Padre Salvatore, il più anziano, che borbottò la preghiera d’inizio, che per i due ospiti risultò incomprensibile. Il giovane Vice parroco, padre Urbano Faraglia da Lisciano, che era in piedi appena davanti a lui, si voltò a guardarlo con meraviglia e sorpresa; la mano pesante di Padre Salvatore si abbatté sulla sua testa, tanto che si ritrovò sbalordito e seduto nel banco. Quel giorno i salmi dell’ora media non si riuscì a recitarli. La risata fragorosa di qualche novizio fu contagiosa e si dovette scendere lietamente in refettorio per mangiare in letizia.
Il sentiero per Acuto e il lupo
Oltre che a Fiuggi, padre Salvatore è ricordato particolarmente ad Acuto dove svolgeva il suo ministero sacerdotale quotidiano. Ogni mattina usciva sempre a piedi dal convento quando era ancora buio, incurante del tempo buono o cattivo; scendeva il ripido sentiero e, attraversato il fosso, risaliva il monte di fronte, “iu carpunetto”, e andava via in montagna a svolgere il suo ministero sacerdotale ad Acuto nella parrocchia di Maria SS. Assunta in cielo, attigua al monastero delle Suore Adoratrici del Preziosissimo Sangue.La strada che percorreva a volte era un viottolo ed a volte era un sentiero appena tracciato, con sassi e rovi; raramente incontrava qualche persona, spesso, invece, incontrava animali d’ogni genere. Ricordo con grande meraviglia che la gente raccontava con gusto la storia del frate e del lupo, accaduta su questo sentiero: una mattina, presto, percorrendo il viottolo che porta dal convento di Fiuggi ad Acuto, incontrò un lupo. Padre Salvatore si calò il cappuccio in testa, si mise camminare a quattro zampe fissando intensamente frate lupo. L’animale avvertì il gesto di umiltà e di simpatia e si allontanò quieto e silenzioso nel bosco.
La lista della spesa
La gente di Acuto ricorda ancora oggi padre Salvatore come “il frate che faceva la spesa per tutti”. Sì, perché il frate – raccontano i vecchi - tornava a Fiuggi portando con sé la lista della spesa che la povera gente gli consegnava: il giorno dopo, padre Salvatore tornava ad Acuto col suo bel fagotto appeso al bastone che portava sulla spalla: dentro c’era pane, frutta, verdura, qualche volta salame e prosciutto; sempre, in quel fagotto c’erano dei medicinali, perché ad Acuto non c’era una farmacia. Era davvero l’uomo atteso ogni giorno per soddisfare le esigenze del corpo e dello spirito. Il popolo di Acuto, in segno di riconoscenza e per mantenere sempre vivo il suo ricordo, gli ha dedicato una memoria nel cimitero della città, vicino all’ingresso, entrando, a sinistra. Sulla stele è scritto in lettere di bronzo: “Il popolo di Acuto ricorda con affetto e gratitudine padre Salvatore, padre cappuccino, che per lunghi anni, specialmente nel triste periodo della seconda guerra mondiale, fu per tutti i cittadini di Acuto un grande benefattore, un fulgido esempio di profonda umanità, un amico sincero, un sacerdote caritatevole e di eccelse virtù, degno figlio di san Francesco. Acuto, 23, 1984. Unita ai suoi concittadini nel medesimo ricordo la Signora Necci Giuliana fa dono di questa lapide”. Padre Salvatore, con i due centesimi avuti in dono dal buon Dio, lo ha servito nella vita di ogni giorno in umiltà senza riserve. Per questo era diventato per la gente un’ istituzione che impersonava la Chiesa, il sacerdote, il cappuccino. Per questo, soprattutto, la sua memoria è una benedizione.
Armando Ambrosi